IL PRIMO INCONTRO
Sono le cinque del mattino e piove.
E’ un freddo giorno d’inverno del 1985. E’ ancora notte.
La pioggia batte sui vetri della macchina.
Sto guidando verso un posto che si chiama “villaggio Breda”.
Non so bene dove si trovi, e non ho le idee chiare su come arrivarci. Poi guidare non è il mio forte.
Con questa pioggia e con questo buio, poi, trovare la strada sarà un’impresa…
Soprattutto di notte. Soprattutto con la pioggia. Soprattutto con i fari delle macchine che mi confondono.
Ma sto guidando verso il “villaggio Breda”, dall’altra parte della città. Io che non guido mai.
Dovrebbe essere dalle parti della Casilina, dopo "Giardinetti".
"Giardinetti": si può chiamare così un quartiere di Roma?
Meno male che c’è mia madre in macchina con me, e non so proprio come ho fatto a coinvolgerla in questa avventura.
Non avrei scommesso un soldo, ma veramente nemmeno uno, che mi avrebbe accompagnata…
Ma come avrò fatto a convincerla, questo è veramente un mistero…
Come avrò fatto a portarla con me a quest’ora, in un posto che non si sa nemmeno bene dov’è, a fare non si sa bene cosa, con la macchina di papà, poi…
Devo essere proprio messa male, e lei veramente preoccupata per me…
Dice Valeria che questo sacerdote dal quale stiamo andando impartisce benedizioni, e che sono benedizioni speciali, di quelle che fanno effetto.
E io ho proprio bisogno di una benedizione speciale, in questo periodo.
In fondo, perchè non tentare? Male che vada, avrò perso una mattinata e guadagnato una benedizione, che tanto male non può fare...
E infatti stiamo tentando. D’altra parte le cose vanno così male, ultimamente...
Dalla morte di papà non ne va bene una.
E’ per questo che siamo qui, io e lei, sole in macchina di notte e sotto la pioggia.
Fa pure freddo, e i fari delle rare macchine che incontriamo non mi aiutano a vedere bene la strada.
La pioggia batte sui vetri della macchina...
…. ma dove sta ‘sto villaggio Breda?
Ah, ecco, forse ci siamo: questo posto è Giardinetti, c’è il cartello.
Fra un po’ dovremmo esserci!
Intanto sta facendo giorno ed è smesso di piovere.
Se Lassù Qualcuno vuole siamo arrivate.
E Lassù Qualcuno, evidentemente, vuole, se siamo arrivate fin qui. Al sicuro.
Soprattutto di notte. Soprattutto con la pioggia. Soprattutto con i fari delle macchine che mi confondono.
Ma sto guidando verso il “villaggio Breda”, dall’altra parte della città. Io che non guido mai.
Dovrebbe essere dalle parti della Casilina, dopo "Giardinetti".
"Giardinetti": si può chiamare così un quartiere di Roma?
Meno male che c’è mia madre in macchina con me, e non so proprio come ho fatto a coinvolgerla in questa avventura.
Non avrei scommesso un soldo, ma veramente nemmeno uno, che mi avrebbe accompagnata…
Ma come avrò fatto a convincerla, questo è veramente un mistero…
Come avrò fatto a portarla con me a quest’ora, in un posto che non si sa nemmeno bene dov’è, a fare non si sa bene cosa, con la macchina di papà, poi…
Devo essere proprio messa male, e lei veramente preoccupata per me…
Dice Valeria che questo sacerdote dal quale stiamo andando impartisce benedizioni, e che sono benedizioni speciali, di quelle che fanno effetto.
E io ho proprio bisogno di una benedizione speciale, in questo periodo.
In fondo, perchè non tentare? Male che vada, avrò perso una mattinata e guadagnato una benedizione, che tanto male non può fare...
E infatti stiamo tentando. D’altra parte le cose vanno così male, ultimamente...
Dalla morte di papà non ne va bene una.
E’ per questo che siamo qui, io e lei, sole in macchina di notte e sotto la pioggia.
Fa pure freddo, e i fari delle rare macchine che incontriamo non mi aiutano a vedere bene la strada.
La pioggia batte sui vetri della macchina...
…. ma dove sta ‘sto villaggio Breda?
Ah, ecco, forse ci siamo: questo posto è Giardinetti, c’è il cartello.
Fra un po’ dovremmo esserci!
Intanto sta facendo giorno ed è smesso di piovere.
Se Lassù Qualcuno vuole siamo arrivate.
E Lassù Qualcuno, evidentemente, vuole, se siamo arrivate fin qui. Al sicuro.
L’ULTIMO
Sono le dieci del mattino e piove.
E’ il giorno di Santo Stefano del 2004. E’ il compleanno di mio marito.
Sono le dieci del mattino e piove.
E’ il giorno di Santo Stefano del 2004. E’ il compleanno di mio marito.
Stiamo correndo verso l’ospedale di Bracciano.
La pioggia batte sui vetri della macchina.
La guardo scivolare sul vetro come le mie lacrime e penso agli avvenimenti delle ultime ore.
Penso al senso di vuoto, di perdita e di panico che mi ha assalito ieri, quando siamo andati a fare gli auguri di Natale a Padre Germano e nella Chiesa di Santa Gemma non abbiamo trovato nessuno.
Tutto chiuso e buio, il cancello sbarrato, la targhetta che da anni indica gli orari di ricevimento del Padre staccata. Nessuno a cui chiedere.
La guardo scivolare sul vetro come le mie lacrime e penso agli avvenimenti delle ultime ore.
Penso al senso di vuoto, di perdita e di panico che mi ha assalito ieri, quando siamo andati a fare gli auguri di Natale a Padre Germano e nella Chiesa di Santa Gemma non abbiamo trovato nessuno.
Tutto chiuso e buio, il cancello sbarrato, la targhetta che da anni indica gli orari di ricevimento del Padre staccata. Nessuno a cui chiedere.
Era da un po’ di tempo che mancavamo alle sue funzioni. D'altra parte, il Padre è molto malato e ultimamente viene sempre di meno a Santa Gemma, perchè vive a Bracciano, ma non sappiamo dove...
NON SAPPIAMO DOVE!!!
NON SAPPIAMO DOVE!!!
Però questa mattina mio marito si è alzato presto e, malgrado sia il suo compleanno, ha deciso di accompagnarmi a cercare Padre Germano a Bracciano.
Mi mette pure fretta...
Mi mette pure fretta...
Mi stupisce veramente, questa sua iniziativa.
Non avrei scommesso un soldo, ma veramente nemmeno uno, che stamattina sentisse l'esigenza di andare a cercare Padre Germano. Fra l'altro, non sappiamo neanche dov’è…
Non avrei scommesso un soldo, ma veramente nemmeno uno, che stamattina sentisse l'esigenza di andare a cercare Padre Germano. Fra l'altro, non sappiamo neanche dov’è…
E poi, non sappiamo neanche dov'è. NON SAPPIAMO NEANCHE DOV'E'!!!
Perciò all’inizio penso che scherzi. Ma sì, sta scherzando, figurati…
E invece no. Fa sul serio. Ha pure una certa fretta. Parecchia fretta.
Ci prepariamo velocemente e andiamo, io e lui, sotto la pioggia, verso Bracciano. Vagamente verso Bracciano, senza una meta precisa.
Cosa lo spinge?
E che cosa spinge me a cercare quel numero di telefono, il numero di telefono della famiglia che lo assiste, quel numero di telefono che ho da anni ma al quale in questi anni non ho mai sentito nemmeno una volta l’esigenza di telefonare?
Cosa lo spinge?
E che cosa spinge me a cercare quel numero di telefono, il numero di telefono della famiglia che lo assiste, quel numero di telefono che ho da anni ma al quale in questi anni non ho mai sentito nemmeno una volta l’esigenza di telefonare?
E perché lo faccio questa mattina, una mattina fredda di pioggia, e per giunta festiva?
Una mattina di festa in cui la cosa migliore da fare è rimanersene a letto a poltrire?
Che ci facciamo a quest’ora il giorno di Santo Stefano sulla strada per Bracciano?
La risposta è semplice, di una chiarezza sconvolgente:
“Padre Germano è tornato in cielo la notte di Natale”, mi dice una voce serena, “se vi sbrigate fate ancora in tempo a vederlo, prima che lo chiudano, è all’ospedale di Bracciano. Fate in fretta”.
In fretta, sì, siamo già sulla strada…
Sono molto emozionata.
Penso con stupore, ancora una volta, alla grandezza di questo piccolo sacerdote, che ha accompagnato la mia vita in questi anni.
Penso che sarebbe bastato chiamare quel numero un giorno prima o un giorno dopo, un’ora prima o un’ora dopo, essere a casa invece che già sulla strada per Bracciano, e non avremmo avuto il privilegio immenso di salutarlo per l’ultima volta.
Ed ora siamo qui.
In questa stanzetta ci sono tantissime persone, quelle che hanno avuto la notizia da conoscenti, con il passaparola, e quelle che sono arrivate qui, come noi, in modo “strano”, spinte da qualcosa o da Qualcuno. Qualcuno che adesso è qui, disteso e sereno, Qualcuno che ha voluto salutarci l’ultima volta, e che ci ha voluto far capire che ha pensato a noi, che ci lascia un’eredità importante, che ci vuole bene e che non ci abbandonerà mai.
Una mattina di festa in cui la cosa migliore da fare è rimanersene a letto a poltrire?
Che ci facciamo a quest’ora il giorno di Santo Stefano sulla strada per Bracciano?
La risposta è semplice, di una chiarezza sconvolgente:
“Padre Germano è tornato in cielo la notte di Natale”, mi dice una voce serena, “se vi sbrigate fate ancora in tempo a vederlo, prima che lo chiudano, è all’ospedale di Bracciano. Fate in fretta”.
In fretta, sì, siamo già sulla strada…
Sono molto emozionata.
Penso con stupore, ancora una volta, alla grandezza di questo piccolo sacerdote, che ha accompagnato la mia vita in questi anni.
Penso che sarebbe bastato chiamare quel numero un giorno prima o un giorno dopo, un’ora prima o un’ora dopo, essere a casa invece che già sulla strada per Bracciano, e non avremmo avuto il privilegio immenso di salutarlo per l’ultima volta.
Ed ora siamo qui.
In questa stanzetta ci sono tantissime persone, quelle che hanno avuto la notizia da conoscenti, con il passaparola, e quelle che sono arrivate qui, come noi, in modo “strano”, spinte da qualcosa o da Qualcuno. Qualcuno che adesso è qui, disteso e sereno, Qualcuno che ha voluto salutarci l’ultima volta, e che ci ha voluto far capire che ha pensato a noi, che ci lascia un’eredità importante, che ci vuole bene e che non ci abbandonerà mai.
MAMMA MIA CHE GLI DICO?
Nella stanza lunghissima, piena di panche e di sedie, c’è tantissima gente.
Ora saranno le sette di mattina. Qualcuno ci dice che siamo arrivate troppo tardi, che per avere anche solo la speranza di essere ricevute, saremmo dovute arrivare
prima.Ancora prima? Ma non sono nemmeno le sette!
Sì, mi dicono, c’è addirittura gente che dorme in macchina…
Beh, di certo non lo sapevamo, non immaginavamo che ci fossero tutte queste persone in fila e che fosse così difficile essere ricevute.
Ci dicono anche che la trafila è lunga: molte persone vengono molte volte a vuoto prima di riuscire finalmente ad incontrarlo, e che qui bisogna armarsi di pazienza.
Ci armeremo di pazienza. Ormai siamo qui.
La gente comunque è in fila. Dietro ad una porticina a vetri c’è la stanza dove Padre Germano riceve.
Adesso che sono qui mi assale una certa ansia: dicono sia un esorcista.
Nella stanza lunghissima, piena di panche e di sedie, c’è tantissima gente.
Ora saranno le sette di mattina. Qualcuno ci dice che siamo arrivate troppo tardi, che per avere anche solo la speranza di essere ricevute, saremmo dovute arrivare
prima.Ancora prima? Ma non sono nemmeno le sette!
Sì, mi dicono, c’è addirittura gente che dorme in macchina…
Beh, di certo non lo sapevamo, non immaginavamo che ci fossero tutte queste persone in fila e che fosse così difficile essere ricevute.
Ci dicono anche che la trafila è lunga: molte persone vengono molte volte a vuoto prima di riuscire finalmente ad incontrarlo, e che qui bisogna armarsi di pazienza.
Ci armeremo di pazienza. Ormai siamo qui.
La gente comunque è in fila. Dietro ad una porticina a vetri c’è la stanza dove Padre Germano riceve.
Adesso che sono qui mi assale una certa ansia: dicono sia un esorcista.
Come sarà un esorcista? Mi immagino un sacerdote alto, magro, con la barba, lo sguardo serio e severo. Una persona che incute timore.
Non sono più tanto sicura di volerci parlare.
Ho un po’ paura: sarà l’ambiente, saranno tutte queste persone… Ma che gli dico, poi?
Chiedo un po’ in giro. Mi consigliano di pensare bene prima a cosa voglio dirgli, e di dirglielo subito, in fretta, perché altrimenti lui non ti dà neanche il tempo di parlare, ti dà la benedizione con una specie di “sveglia” e basta.
Mah, quasi quasi sono contenta di essere arrivata tardi, così non mi riceve…
Ed invece, incredibilmente, arriva il mio turno.
Incredibilmente davvero, penso adesso con il senno del poi…
Comunque sia, entro velocemente, velocemente mi inginocchio vicino a lui, gli racconto tutto d’un fiato i miei problemi, uno dietro l’altro, e quando finalmente finisco, un omino piccolo piccolo, tondo, vestito di nero, con un sorriso incredibilmente simpatico, mi dice: “Ehi, mai tu sei un ospedaletto! Ci penso io…”.
…Ma che sono così, gli esorcisti?
Quando esco mi viene da ridere, mi sento leggera leggera…
E penso che forse mi stava aspettando, si, stava aspettando proprio me.
E forse il senso di abbandono che mi accompagna da quando mio padre se ne è andato, non ha più motivo di esistere.
Perché lui forse non se ne è andato lasciandomi sola, anche se non ha mai risposto tutte le volte che l’ho chiamato, finché non mi sono stancata e non l’ho abbandonato io, relegandolo in un angolo del mio cuore.
Forse ha lavorato in silenzio, ha studiato la situazione e alla fine mi ha condotta qui, da questa persona che raccoglierà la sua eredità e sarà la mia stella polare. Che mi prenderà in consegna.
Certo, sono una bella grana…
LA CARAMELLA
Ho un pessimo carattere.
Tendo a lamentarmi, a pensare che il mondo ce l’ha con me, a piangermi addosso.
Forse è per questo, dice mio marito, che non sono fra i prediletti di Padre Germano.
Mai una volta che mi chiami lui. Devo fare sempre tutta la mia bella fila, prima di essere ricevuta, mentre ci sono persone che appena arrivano vengono ricevute subito, magari passando avanti proprio a me. Mio marito è una di quelle. Perché, poi, non l’ho mai capito…
Guarda adesso, ad esempio: Padre Germano sta facendo una delle sue passeggiate all’aperto, a Santa Gemma. E’ una bella giornata d’estate e lui ha tanta gente intorno.
C’è gli va vicino, chi gli parla, chi lo accarezza… e lui se li tiene accanto, parla con loro, distribuisce caramelle.
A me no, niente caramelle. Non mi guarda nemmeno.
Rimango sulle mie per tutto il tempo, rimuginando sul mio triste destino; non c’è niente da fare, non riesco ad entrargli nel cuore, a Padre Germano; neanche una parola, neanche una caramella. Eppure le ha distribuite a tutti. A me no.
Mi avvio sconsolata verso la strada di casa.
Metto la mano in tasca, per prendere le chiavi della macchina.
La mano tocca qualcosa, qualcosa che prima non c'era.
Prendo il qualcosa, tiro fuori la mano e mi trovo sul palmo una coloratissima e profumatissima caramella alla frutta.
CI PENSO IO!
Cosa si fa il giorno prima di un esame all’università?
Da chi si va quando si ha un problema di qualsiasi genere, si ha bisogno di un consiglio, di una parola di conforto?
Si va da Padre Germano, per ricevere la benedizione. Si passa lì anche tutta la giornata, se necessario.
Non è mai tempo perso, il tempo passato da Padre Germano.
E cosa ti dice, quando ti riceve, e ascolta con pazienza infinita tutti i tuoi guai? Ti dice, come al solito “Ci penso io!”
E, anche quando non può riceverti nonostante una lunga attesa, torni a casa con la consapevolezza di non aver sprecato il tuo tempo, perché lui, dalla sua stanzetta, vede tutto, sa che sei stata lì, e sa anche di che cosa hai bisogno, ed è come se ti avesse detto: “Ci penso io!”.
Mi avvio sconsolata verso la strada di casa.
Metto la mano in tasca, per prendere le chiavi della macchina.
La mano tocca qualcosa, qualcosa che prima non c'era.
Prendo il qualcosa, tiro fuori la mano e mi trovo sul palmo una coloratissima e profumatissima caramella alla frutta.
CI PENSO IO!
Cosa si fa il giorno prima di un esame all’università?
Da chi si va quando si ha un problema di qualsiasi genere, si ha bisogno di un consiglio, di una parola di conforto?
Si va da Padre Germano, per ricevere la benedizione. Si passa lì anche tutta la giornata, se necessario.
Non è mai tempo perso, il tempo passato da Padre Germano.
E cosa ti dice, quando ti riceve, e ascolta con pazienza infinita tutti i tuoi guai? Ti dice, come al solito “Ci penso io!”
E, anche quando non può riceverti nonostante una lunga attesa, torni a casa con la consapevolezza di non aver sprecato il tuo tempo, perché lui, dalla sua stanzetta, vede tutto, sa che sei stata lì, e sa anche di che cosa hai bisogno, ed è come se ti avesse detto: “Ci penso io!”.
TUTTE LE TAPPE IMPORTANTI DELLA MIA VITA
E Padre Germano “ci ha pensato lui” per quanto riguarda tutti gli avvenimenti della mia vita, da quando l’ho conosciuto. Sono fatti troppo personali per parlarne, ma devo anche alla sua intercessione la mia laurea, il mio lavoro, mio marito, oltre ad una quantità di piccole e grandi cose.
Cosa ha fatto, per me? Semplicemente ha pregato, con quel suo modo speciale di pregare, che io non sono mai riuscita a comprendere fino in fondo.
Certo, ci sono tante situazioni che non ha potuto cambiare, o tante cose, anche molto importanti, che non ho avuto la possibilità di avere.
Io e mio marito non abbiamo avuto figli, ad esempio.
Ma Padre Germano ci ha aiutato ad accettare quello che poteva essere e non è stato, e a capire che forse il nostro destino era questo.
“Non ve la dovete prendere, se il volere del Signore è questo”.
E noi non ce la siamo presa.
“Chi è Padre Germano”, spesso mi è stato chiesto, “Che fa?”
La mia risposta è sempre stata la stessa: “Padre Germano è una persona illuminata”.
UNA PERSONA “ILLUMINATA”
Non mi è mai venuto un altro termine, per descrivere Padre Germano.
Come posso definire una persona illuminata?
Una persona “illuminata” è secondo me una persona che “sa”, sa perché “vede” tante cose che le persone comuni non sanno e non vedono, e “può” influenzare beneficamente le persone e le situazioni.
E tutto questo è possibile perché la sua mente è “illuminata” da una Luce più grande, che ne alimenta la fede e la forza.
Una persona “illuminata” è quella che a volte, mentre ti parla, ti dice una frase, e tu “senti” immediatamente che quella è una frase importante, con la quale ti ha voluto comunicare qualcosa di speciale.
Un esempio? “Uno ti chiama”, mi disse qualche giorno prima che mi arrivasse in modo del tutto inaspettato il telegramma di convocazione alla prova di selezione per un lavoro. Guarda caso, il lavoro che svolgo ancora oggi.
LA NOSTRA STELLA
Nella cappella della Scala Santa dove si svolge il funerale, i ragazzi del coro di Padre Germano cantano “Padre Germano, sei la nostra stella…”, perché Padre Germano, a dispetto del fisico minuscolo e apparentemente delicato, è stato veramente la stella polare nella vita di tantissime persone, una roccia alla quale aggrapparsi e stare tranquilli perchè, una volta arrivati da lui, si è finalmente al sicuro.
Questo non vuol dire che non capiterà più niente di negativo e tutte le strade saranno spianate, perché nessuna persona ha questo potere, e non sarebbe neanche giusto.
Ma Padre Germano ti aiuta con la preghiera dove può, e dove non può ti offre comunque il suo sostegno, e ti spinge a vedere più in Là, più in Grande, verso il vero senso della vita.
E adesso che lo abbiamo inutilmente rincorso mentre il carro funebre se lo sta portando via, in Sardegna, nel suo paese natale, rimaniamo qui, in questa mattina del 27 dicembre, sul sagrato della chiesa, in mezzo al traffico indifferente.
E adesso? Adesso che facciamo?
E ADESSO
Il mio “adesso” dura ormai da quel giorno. E’ stato un tempo molto difficile, in cui avrei avuto bisogno non una, ma mille volte del sostegno di Padre Germano.
D’altra parte, non ho fatto molto per meritarlo.
La mia fede non registra i passi avanti che vorrei, e sicuramente non ci metto il necessario impegno.
Tante cose da fare assorbono tempo e energia, distolgono il pensiero e la volontà.
Silenzio e sofferenza inducono dubbi, domande senza risposta indeboliscono la speranza.
Futili interessi riempiono i vuoti del cuore.
La stella polare appare lontana e difficile da distinguere.
Ma c’è.
Nel momento in cui finalmente mi decido ad esprimere pensieri che giacciono da quattro anni in una cartella del mio computer so che c’è.
E’ sempre presente.
Mi guarda benevola e indulgente, nonostante tutto.
Devo meritarmi il suo sguardo.
Aprile 2009
«Questa notte ho fatto un sogno, ho sognato che ho camminato sulla sabbia accompagnato dal Signore, sullo schermo della notte erano proiettati tutti i giorni della mia vita.
«Questa notte ho fatto un sogno, ho sognato che ho camminato sulla sabbia accompagnato dal Signore, sullo schermo della notte erano proiettati tutti i giorni della mia vita.
Ho guardato indietro e ho visto che ad ogni giorno della mia vita, proiettato nel film, apparivano orme sulla sabbia: una mia e una del Signore.
Così sono andato avanti, finché tutti i miei giorni si esaurirono. Allora mi fermai guardando indietro, notando che in certi posti c’era solo un’orma...
Questi posti coincidevano con i giorni più difficili della mia vita: i giorni di maggiore angustia di paura e di maggior dolore...
Ho domandato allora: Signore, tu mi avevi detto che saresti stato con me in tutti i giorni della mia vita; ed io ho accettato di vivere con te; ma perché mi hai lasciato solo proprio nei momenti peggiori della mia vita?
E il Signore rispose: Io non ti ho lasciato... I giorni in cui tu hai visto solo un’orma sulla sabbia, sono stati i giorni in cui ti ho preso in braccio»
(anonimo brasiliano).
E il Signore rispose: Io non ti ho lasciato... I giorni in cui tu hai visto solo un’orma sulla sabbia, sono stati i giorni in cui ti ho preso in braccio»
(anonimo brasiliano).